Nessuno l’avrebbe immaginato, ma Squid Game ha tratti in comune con una storia vera: ecco le rivelazioni che hanno sbalordito i fan
Squid Game, la serie televisiva sudcoreana scritta, diretta e ideata da Hwang Dong-hyuk e distribuita sulla piattaforma di streaming Netflix, è diventata in breve tempo un vero e proprio fenomeno di portata globale.
Grazie alla sua trama intrigante – che racconta la storia di individui indebitati che rischiano la vita in giochi per bambini, inseguendo un ricchissimo montepremi – lo show ha incollato gli appassionati dinanzi agli schermi, suscitando numerosi spunti di riflessione e interrogativi. Tra questi ultimi, ce n’è uno che si pongono quasi tutti: Squid Game è davvero esistito nella vita reale?
Per quanto risulti, la risposta è no: l’autore Squid Game ha ideato la trama per generare critica e profonde riflessioni sulla società contemporanea, ma quanto si vede nelle puntate – giochi malefici compresi – è frutto della sua immaginazione.
C’è da dire, tuttavia, che in molti ritengono che Hwang Dong-hyuk abbia scritto la sua sceneggiatura ispirandosi a una tragica storia vera. Quale? Quella della Brothers Home di Busa, divenuta simbolo di abusi e violazioni dei diritti umani. A soffermarsi sull’argomento è stato il noto portale di divulgazione storico-scientifica Geopop.
Come racconta Stefano Gandelli, la Brothers Home (o Brothers Welfare Center) – situata a Busan, in Corea del Sud – è tristemente nota per essere stata teatro di gravi abusi e violazioni dei diritti umani tra il 1975 e il 1987. Nata come orfanotrofio nel 1960 e poi riconvertita a centro assistenziale nel 1975, la struttura mirava formalmente a rieducare senzatetto e vagabondi per reintegrarli in società ma la realtà era ben diversa… basti pensare che, successivamente, venne ribattezzata “l’Auschwitz coreana”.
Le persone, infatti, erano letteralmente intrappolate in questo campo di concentramento, che poteva ospitare al massimo 500 individui alla volta ma ne ospitava realmente circa 4000. A trarne vantaggio era il direttore, il quale gonfiando il numero di ‘pazienti’ otteneva maggiori sovvenzioni statali.
Lo stesso direttore, inoltre, sempre per motivi economici, decise di non assumere personale competente per gestire la struttura e affidò il ruolo di guardie ai prigionieri più turbolenti. Questi ultimi si organizzarono in squadroni, ricreando un’organizzazione a stampo para-militare: l’ordine e le proteste di chi era ingiustamente recluso venivano gestiti per mezzo della violenza.
Ma non è finita qui. Perché è emerso che per trascorrere il tempo, spesso, le guardie si divertivano facendo fare dei giochi violenti ai detenuti, i quali – udite udite – indossavano proprio una tuta blu (questa potrebbe essere una chiara fonte d’ispirazione per la serie). A tutto questo, bisogna aggiungere lo sfruttamento per i lavori forzati (i cui guadagni finivano tutti nelle casse del direttore), le cui fatiche molto frequentemente portavano alla morte, come dimostrano le 657 vittime ufficiali.
Insomma, effettivamente qualche similitudine c’è. Anche se il creatore non ha confermato tale teoria, è molto probabile che Squid Game abbia preso ispirazione proprio dagli orrori della Brothers Home.
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